Cyberbullismo

Cyberbullismo

Cyberbullismo: una lettura cognitivo post razionalista del film Disconnect del regista Henry Alex Rubin

"Il film uscito nel 2013 mostra uno spaccato di vita di persone in cerca di contatto umano. Sono storie di vita che si intrecciano, in cui la rete diventa luogo privilegiato di incontri, mettendo in evidenza una realtà di solitudine e trasgressione. Il film segue lo stile di un documentario, in cui vengono raccontate tre storie, una su ragazzi adolescenti che offrono le loro prestazioni online in cambio di soldi o regali (camboy), l’altra presenta una giovane coppia in crisi coniugale e la terza di cui parleremo, affronta il tema del cyber bullismo in un ottica originale e drammaticamente realistica.

Adolescenze a confronto

Ci troviamo all’interno di una palestra, luogo d’incontro intergenerazionale, in cui la fisicità assume un valore comunicativo, il corpo perfetto come accettazione di sé e come superamento delle difficoltà interpersonali. Due amici Jason e Fray entrano in palestra sugli skateboard compiendo slalom tra panchine e persone, in un atteggiamento trasgressivo e di sfida, hanno in mente uno scherzo da fare a quei "muscoli gonfiati", così definiscono i frequentatori della palestra.
Successivamente entra un altro ragazzo Ben, è inquadrato di spalle a sottolineare come nell’adolescenza l’identità è in formazione, con cuffiette in testa e andatura flemmatica, si avvicina timidamente alla reception della palestra per prendere informazioni, ci ripensa e mentre si allontana incrocia lo sguardo dei due bulli, che seminascosti si stanno divertendo alle spalle del malcapitato. Ben è incuriosito dall’atteggiamento dei due ragazzi, loro invece sono infastiditi, irritati dalla sua curiosità, avvertono quello sguardo come svalutante, giudicante ( “che c… guardi” dirà Jason, mentre Ben si allontana silenziosamente ). Quell’incontro di sguardi genererà un senso di sfida, intesa come conferma di Sé, “ noi siamo più forti, tu sei solo”. Nasce un confronto adolescenziale.

Intimità ed esposizione

I protagonisti sono nella propria camera, Ben solo con la sua musica sta registrando una sua canzone, mentre Jason e Fray chattando su un social network trovano il profilo di Ben. Divertiti da ciò che Ben scrive sulla sua pagina, gli inviano un sms con un falso profilo ( la falsa identità espressione di un problema d’esposizione ) : “Mi chiamo Jessica, mi piace la tua musica e il tuo gruppo, mi dedicheresti una tua canzone? ”Il messaggio aggancia Ben, che si sente confermato, riconosciuto, finalmente qualcuno ha i suoi stessi interessi ( senso di appartenenza: la musica mi identifica, ci capiamo). La difficoltà a relazionarsi mostra la sua fragilità, la sua vulnerabilità, il non sentirsi accettato, rifiutato, quel senso di estraneità che lo porta a definirsi una persona strana, è nella musica, che Ben ritrova la sua dimensione, il suo equilibrio, se stesso.

Storia di un disagio

Ben e Jessica (a Jason la falsa identità e l’essere da solo, cioè senza Fray, gli permette di essere se stesso) si ritrovano da soli in chat, si scambiano confidenze, si raccontano pezzi della loro vita, scoprono di avere molti punti in comune. Ben gli confida di non trovarsi bene in famiglia, crede di essere adottato, Jessica, cioè Jason, si riconosce nella sua stessa situazione, entrambe vivono i propri genitori come trascuranti, preoccupati solo del proprio lavoro, non attenti ai bisogni dei loro figli : essere ascoltati, accettati e riconosciuti.
Ben ha un papà avvocato, una mamma dedita alla famiglia e una sorella che lo snobba e non perde occasione per svalutarlo. In famiglia lo chiamano “ Mozart”, non si accorgono che i silenzi di Ben nascondono un disagio esistenziale, la paura di un confronto con l’altro. Jessica descrive il suo papà un duro, ex poliziotto e investigatore privato di frodi informatiche, molto controllante e sospettoso, non accetta che il figlio usi l’Ipad, infatti Jason usa di nascosto quello di Fray. In questo momento di forte condivisione Jason rivela a Ben che sua madre è morta, stanno reciprocando su qualcosa di molto doloroso, un lutto adolescenziale per Ben, reale per Jessica, sentono che oramai possono fidarsi l’uno dell’altro, nasce un senso di affidabilità.
Fray scopre che tra loro è nata una web amicizia, deride l’amico, lo definisce un debole, una femminuccia, Jason si sente giudicato, svalutato, si difende: “sto solo costruendo una storia, ora lui si fida di me”, tradisce se stesso, ha un senso di vaghezza, di ambiguità, nella sua reazione si coglie un’oscillazione di sé in base a stimoli esterni, ha paura di perdere l’approvazione di Fray, cioè dell’altro, teme di deludere e di deludersi, torna ad essere lo stesso di prima. Lo scherzo sarà duro, Jessica gli chiederà di fotografarsi nudo, la foto farà il giro su tutti i cellulari dei ragazzi dell’Istituto, quando Ben uscendo dalla classe coglie che tutti lo guardano ridendo è sorpreso e scopre l’amara verità.
Un groviglio di emozioni lo assale, si sente tradito, ferito nei sentimenti, sente di aver perso una base sicura in lui cresce la rabbia. Mentre fugge verso casa, Jason e Fray lo guardano da una finestra della scuola, questa volta non ridono come era accaduto nella palestra, hanno il senso di aver commesso qualcosa di veramente grave, colgono dunque il senso dell’altro, della sua individualità e sensibilità. Ben rientra in casa confuso, in uno scompenso emozionale, accende il computer e sulla sua pagina Facebook scriverà quello che si può definire una domanda di senso... WHY? Jason non ha retto il giudizio dell’amico, non ha un equilibrio psicologico che gli possa permettere di oscillare tra l’essere se stesso e essere sempre lo stesso, questo porterà Ben a compiere un gesto drammaticamente conclusivo, poiché la rapidità degli eventi, la sua fragilità e la sua vulnerabilità non gli permettono di elaborare il senso di perdita.

 

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Dott.ssa Maria Rosa Febbi
Psicologa Psicoterapeuta a Viterbo (VT)

Ambiti d'intervento

  • Attacchi di panico
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Dott.ssa Maria Rosa Febbi

Psicologa Psicoterapeuta

Partita IVA 01446100560
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Lazio col n 3570 dal 06/12/1993, riconoscimento dell’attività di psicoterapeuta nel 1997.

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